Kakidai, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
di Stefanie Sagnella
Il santuario Yasukuni è forse uno dei luoghi più controversi del Giappone contemporaneo, al centro di un dibattito sia nazionale sia internazionale, che coinvolge Stati come la Cina, la Corea del Sud e Taiwan. Il motivo è da ricercare nel passato storico che lega il santuario allo “shintō di Stato” (kokka shintō 国家神道) e al fervente nazionalismo di periodo bellico. In ciò consiste il cosiddetto “problema Yasukuni” (Yasukuni mondai 靖国問題). Nello specifico, le criticità giuridiche dei contatti tra la sfera pubblica e il santuario possono essere viste in alcune sentenze esemplari: il caso delle donazioni dei funzionari prefetturali di Ehime e le visite dei primi ministri Nakasone Yasuhiro e Koizumi Jun’ichirō. Sulla base degli articoli 20 e 89 dell’odierna Costituzione giapponese, viene messa in discussione la netta separazione tra Stato e shintō ed è possibile riscontrare difficoltà nello stabilire i confini della sfera religiosa. Questo ha reso necessaria l’applicazione di parametri noti come purpose-effect test (PET) al fine di stabilire se una condotta sia da considerare religiosa o consuetudinaria, ergo incostituzionale o meno.
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