di Elena Cherubini
Negli ultimi anni, nelle librerie così come su Internet, abbiamo assistito a un vero e proprio boom di pubblicazioni sul Giappone, molte delle quali tendono a dipingerlo come un paese particolarmente “green”, vicino alla natura e attento alla protezione dell’ambiente e le cui secolari tradizioni rappresenterebbero la soluzione a uno dei problemi più importanti dei nostri giorni: la crisi ambientale. Questa potenzialità unicamente giapponese viene fatta risalire allo shintō, presentato come una religione antichissima e immutata nel tempo, incentrata da sempre sul rispetto e sulla venerazione della natura. L’elaborato si propone non solo di confutare tali affermazioni, ma anche di indagare come e quando sia nata la tendenza ad associare lo shintō all’ambientalismo, iniziando con una breve panoramica sullo sviluppo dello shintō tra il tardo periodo Edo e il dopoguerra, seguita da un’analisi più approfondita sul contesto e sulle modalità in cui lo shintō ha reinventato sé stesso – prendendo le distanze dal ruolo ricoperto durante la guerra – secondo il “paradigma ambientalista”. Infine, dopo aver tracciato la storia dello sviluppo di questo paradigma, l’elaborato porta esempi concreti per un’analisi critica dell’atteggiamento del Jinja Honchō, la maggiore istituzione shintō, nei confronti della tutela dell’ambiente.
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