Analisi della relazione tra il buddhismo e Internet

11 Maggio 2020 in Buddhismo

di Noemi Buraschi

Negli ultimi anni, Internet è diventato uno strumento estremamente comune che permea quasi ogni aspetto della nostra vita quotidiana. La sua influenza, infatti, non si limita a sole realtà pratiche, quali il lavoro, le news o i contatti sociali, ma arriva ad influire persino sulla sfera spirituale.
Anche una religione come quella buddhista deve fare i conti con tale nuovo mezzo di comunicazione.
Faccia a faccia con un medium che si apre a un flusso bidirezionale di informazioni, come hanno reagito le istituzioni buddhiste? Il modo in cui tale nuovo medium è stato accolto e sfruttato varia da paese a paese?
Queste sono le domande cui questo elaborato cerca di dar risposta, esaminando in primis le pagine web delle istituzioni buddhiste in tre zone distinte – Giappone, Italia e Stati Uniti d’America – per cercare, se sussiste, uno schema comune.
In seguito, l’elaborato prende in esame anche quella parte del ciberspazio che non è istituzionalizzato, per indagare in quale modo il buddhismo si presenta in un ambiente dove non esiste un’autorità fissa e immutabile.
Da tale studio, risulta evidente che, nonostante l’estrema fluidità propria di Internet, le istituzioni ufficiali buddhiste preferiscono rimanere in controllo delle informazioni e diffonderle in maniera unilaterale; si sono pertanto avvicinate al nuovo medium in maniera non differente da come utilizzavano quelli precedenti.
D’altra parte, il Web 2.0 non istituzionalizzato ha permesso un’estrema democratizzazione delle informazioni e nuove forme di autorità che i singoli utenti creano per se stessi; se da un lato questo consente un dialogo paritario, dall’altro rende necessaria una buona dose di scetticismo da parte di coloro che usufruiscono del World Wide Web.

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L’ossimoro “violenza-salvezza” in Aum Shinrikyō. Terrorismo, armi e paura per il raggiungimento del bene supremo

4 Maggio 2020 in Nuove religioni
Photo by Bixentro

di Francesco Julves

Questo elaborato mira a tracciare una panoramica generale circa la figura di Asahara Shōkō (leader della “nuova nuova religione” chiamata Aum Shinrikyō オウム真理教), le ideologie del gruppo legate tanto alla spiritualità quanto alla politica, la definizione di integralismo religioso con esempi reali in Giappone al fine di riscoprire e dare una possibile chiave interpretativa a un dubbio che avvolge varie filosofie e religioni dall’antichità fino alla contemporaneità: l’ossimoro “violenza-salvezza”. Rifacendosi infatti a teorie apocalittiche, Asahara Shōkō propaganda come unica via di salvezza una distruzione di massa a cui gli unici in grado di sopravvivere sono i membri del gruppo religioso da lui costituito. Da un calderone che mescola pratiche dello yoga, credenze buddhiste, concetti che richiamano anche situazioni accuratamente descritte nei testi sacri del cristianesimo, prende così vita l’Aum Shinrikyō, fonte attrattiva per giovani studenti scontenti della società giapponese creatasi dalla fine degli anni Ottanta del Novecento.

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Spiritual Marketing: la commercializzazione delle terapie spirituali nel panorama giapponese

27 Aprile 2020 in Nuova spiritualità

di Rossella Greta Bertolasi

Quando, quasi sessant’anni fa, diversi movimenti legati alla spiritualità come la New Age hanno fatto il loro ingresso nel panorama filosofico e religioso, uno degli elementi che più ha richiamato l’attenzione di media e sostenitori sono state le terapie spirituali. Questa ricerca si occupa di analizzare l’importanza che tali pratiche hanno avuto in Giappone e di comprendere i motivi per cui hanno avuto proprio qui una diffusione più entusiasta. Da principio viene fatta una breve contestualizzazione storica sull’Esoterismo e lo Spiritualismo europeo che costituiscono una base teorica comune a molte espressioni New Age e da cui anche Ehara Hiroyuki, consulente spirituale giapponese, ha tratto ispirazione. Successivamente, è stato esaminato come il ruolo dei media in Giappone sia stato fondamentale nel commercializzare molti aspetti della spiritualità sotto forma di amuleti, libri, riviste, terapie e trasmissioni televisive. Nello specifico, si è insistito su alcuni elementi tipici che identificano il business spirituale in Giappone e sulla particolarità delle terapie spirituali, oggetto di analisi principale di questa ricerca. Successivamente viene osservato come la lunga tradizione nipponica sciamanica e curativa racchiuda degli elementi in comune con delle tecniche usate da Ehara che è una delle figure più influenti del paese nel panorama spirituale. In aggiunta, è stata fatta un’ulteriore riflessione sull’importanza del suo legame con la New Age americana e le ragioni dell’emergente popolarità di figure come medium e consulenti spirituali. Infine, si è aperta una parentesi sulla situazione odierna, sia in Giappone che nel contesto euro-statunitense, in modo da riflettere sull’impatto che la rivoluzione spirituale continua ad avere sui media televisivi e letterari e sulla presunta crisi delle pratiche religiose istituzionalizzate. Per dare una risposta a questo quesito, si è ripreso il discorso sulla secolarizzazione di Wouter J. Hanegraaff che parla del rapporto tra spiritualità e religione, suggerendo una frammentazione delle pratiche New Age che ha dato vita a diverse sottoculture, ormai lontane dai movimenti controcorrente in cui avevano trovato grande consenso come forma di ribellione e assimilate dunque al pensiero dominante, o, nel caso del Giappone, già presenti all’interno della tradizione sin dal principio.

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Considerazioni sull’inculturazione del cattolicesimo nella storia del Giappone

20 Aprile 2020 in Cristianesimo

di Giacomo Falcinelli

Il cristianesimo in Giappone ha una storia lunga quattro secoli, marcati da situazioni spesso difficili per i fedeli giapponesi. Uno dei principali problemi alla radice delle difficoltà delle comunità cristiane nell’arcipelago è costituito dall’inculturazione, ossia dalla conciliazione apparentemente impossibile tra la religione cristiana, importata dall’Europa, e la cultura giapponese. Questo tema era, ed è tuttora, particolarmente presente nella comunità cattolica giapponese, costretta (al contrario delle comunità protestanti) a dover rendere conto a un’autorità straniera per qualsiasi elemento dottrinale e rituale e, allo stesso tempo, a dover rispettare i propri “doveri culturali” di giapponesi.
Il problema dell’inculturazione della religione cattolica in Giappone ha in effetti una storia più lunga di quanto si possa immaginare: essa ebbe inizio, infatti, già con i primi missionari cristiani, appartenenti all’Ordine dei Gesuiti, giunti nell’arcipelago dal Portogallo nella seconda metà del XVI secolo. Per insegnare ai giapponesi i dogmi e i principi filosofici cristiani, ad esempio, i Gesuiti ricondussero questi ultimi a concetti preesistenti buddhisti. In seguito, durante l’epoca delle persecuzioni e della cacciata dei missionari, le vestigia della prassi inculturativa dei gesuiti portarono le comunità rimaste in Giappone a fondere, più o meno intenzionalmente, la pratica del cattolicesimo con elementi tipici della religiosità di matrice buddhista.
In epoca moderna, con il ritorno dei missionari, la comunità cattolica vide sorgere la concorrenza di altre denominazioni cristiane, oltre che delle nuove religioni. Nonostante la revoca del bando alla religione cristiana, l’atteggiamento del nuovo Stato giapponese nei confronti della religione si fece più duro. L’emergere dello Shintō di Stato come ideologia ufficiale spinse la Chiesa giapponese a diversi compromessi con il Governo giapponese, dovendo adattare la dottrina cattolica alla partecipazione ai riti statali.
Infine, in epoca contemporanea, il mondo cattolico giapponese si è confrontato con l’inculturazione del cattolicesimo romano con rinnovato vigore, non più spinto da necessità pragmatiche ai fini della propria sopravvivenza (rifugio dalle persecuzioni o legittimazione della propria presenza), bensì da innovazioni provenienti dalla Chiesa stessa, sintetizzate nella Costituzione Apostolica Lumen Gentium che costituisce il manifesto del Concilio Vaticano II. Ciò favorì lo sviluppo di espressioni culturali proprie della comunità cattolica giapponese, in ambito sia letterario sia teologico.

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