La fine del mondo e il paese delle meraviglie. L’immaginario della fine in Aum Shinrikyō

13 Aprile 2020 in Nuove religioni

di Caterina Pavan

Gli anni dal 1970 al 1995 in Giappone furono caratterizzati da una profonda incertezza sul piano sociale, economico e politico e dalla paura dell’avvicinarsi di un conflitto finale che avrebbe portato allo sterminio dell’umanità. Anche la cultura popolare rifletté questo profondo senso di crisi e la percezione di una fine imminente: ne sono un esempio i numerosi film di animazione, libri e serie tv incentrati su temi quali la guerra e la devastazione causata da armi di distruzione di massa. Questo immaginario apocalittico influenzò profondamente le generazioni dei più giovani, molti dei quali, abbandonate le lotte politiche e la speranza di un cambiamento della società, trovarono rifugio nel mondo fittizio creato dai media. L’annuncio di un’imminente fine del mondo è un elemento che si ritrova anche in alcune “nuove nuove religioni” giapponesi (shin-shinshūkyō), fra cui Aum Shinrikyō, gruppo religioso fondato da Asahara Shōkō nel 1987 e responsabile dell’attentato al sarin alla metropolitana di Tokyo nel 1995. Fu proprio il messaggio apocalittico proposto da Asahara ad attrarre numerosi giovani, che abbandonarono le proprie famiglie e recisero ogni legame con il mondo esterno per entrare a far parte di comunità dove condurre pratiche ascetiche e seguire gli insegnamenti del guru. Tenendo in considerazione il contesto culturale di quel periodo, questa breve ricerca cerca di ricostruire l’evoluzione dell’immaginario relativo alla fine del mondo presente in Aum Shinrikyō, che mutò a seconda del rapporto del suo leader con la società civile e delle pratiche e dei testi da lui interpretati negli anni. Vengono prese in analisi le varie fasi della dottrina di Asahara, che da un’iniziale momento di apertura verso il mondo si evolse progressivamente verso un messaggio sempre più apocalittico e violento. Viene tracciato infine un profilo dei giovani membri di Aum Shinrikyō e si analizzano le motivazioni che li spinsero ad entrare a far parte delle comunità create da Asahara e che impedirono loro di uscirne o di contrastare l’autorità del loro leader una volta che la violenza rivolta dal gruppo sia verso l’interno che verso l’esterno cominciò a non poter più essere ignorata.

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Il rito del mizukokuyō come pratica di genere. L’intersezione fra aborto e Buddhismo in Giappone

6 Aprile 2020 in Buddhismo
SElefant / CC BY-SA

di Eleonora Rossi

Il seguente elaborato si prefigge di analizzare in chiave di genere il rito buddhista il cui compito è quello di placare gli spiriti dei bambini abortiti. Questo in giapponese prende il nome di mizukokuyō 水子供養 e dopo una breve analisi circa la sua diffusione e le sue origini storiche verrà qui proposto come una pratica di genere nonché fardello morale e psicologico spettante maggiormente alle donne. Per avvalorare la forte correlazione fra il kuyō e la centralità del ruolo femminile, verrà descritta la ritualità della pratica prendendo come esempi principali due templi buddhisti giapponesi dove il rito è centrale nella quotidianità sacrale di essi: lo Hasedera di Kamakura e lo Shiunzan Jizō-ji di Chichibu.
Sebbene il mizukokuyō sia notoriamente conosciuto come un rito per alleviare i sensi di colpa, molto spesso risulta al contrario una vera e propria mercificazione del dolore che prolunga inutilmente la sofferenza delle donne, senza dare loro la possibilità di dimenticare e di andare avanti con la propria vita. Si cercherà dunque di delineare quelli che sono le posizioni preponderanti riguardo al tema e quale sia stato il ruolo dei mezzi di informazione nella diffusione di determinate credenze. Si cercherà infine di capire come sia concepita la problematica dell’aborto in Giappone – ancora il primo mezzo di controllo delle nascite – sia da un punto di vista religioso che medico-scientifico e di mettere in luce come l’intersezione di tali aspetti influisca sul vissuto delle donne che lo praticano, ancora vittime del ruolo soffocante di “buone mogli e sagge madri”.

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Ōmoto tra Deguchi Nao e Deguchi Onisaburō

30 Marzo 2020 in Nuove religioni

di Erika De Boni

In questo elaborato viene esaminato il pensiero della fondatrice di Ōmoto, Deguchi Nao (1837-1918). In particolare, esso tratterà come si siano delineati i suoi insegnamenti, e come ciò portò alla nascita di un movimento antimodernista e millenarista, radicalmente critico della civiltà moderna. In seguito, verranno evidenziati i punti di contrasto che caratterizzarono la collaborazione tra Nao e Deguchi Onisaburō (1871-1948), co-fondatore del movimento e suo genero. Infine, verrà esaminato il pensiero di Onisaburō fino alla prima repressione di Ōmoto del 1921 e come avrebbe portato Ōmoto ad avere posizioni lontane dal nucleo iniziale.

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Sōka Gakkai

23 Marzo 2020 in Buddhismo, Nuove religioni

di Andrea D’Andrea

Secondo il sito ufficiale di Sōka Gakkai International, il numero di famiglie affiliate alla organizzazione ammonterebbe, nel 2016, a 8,27 milioni, numeri che corrispondono al solo contesto dell’arcipelago giapponese. Nella restante parte del globo si sono contate invece 2,2 milioni di famiglie. Sono certamente numeri impressionanti, soprattutto se si considera che il movimento religioso si sviluppò all’inizio degli anni ’30, grazie agli ideali di Makiguchi Tsunesaburō (1871-1944), ma che tuttavia non iniziò ad operare a pieno regime sino all’inizio degli anni ’50, grazie all’operato del secondo presidente, Toda Jōsei (1900-1958). Ma quali sono state le strategie che hanno permesso alla Sōka Gakkai di divenire la più grande organizzazione religiosa in Giappone in poco più di mezzo secolo? Per poterle comprendere sarà necessario analizzare in che modo l’organizzazione sia riuscita a divenire tanto ‘appetibile’ alle masse, soprattutto in virtù dei valori che essa sosteneva all’interno del contesto post-bellico giapponese, prendendo anche in considerazione lo sviluppo dell’organizzazione e l’influenza che le figure di riferimento hanno avuto su di essa. Di grande importanza sarà anche l’analisi della struttura organizzativa e delle relazioni che all’interno di essa i membri intrattengono, cercando di comprendere come questi due aspetti siano fortemente legati e di come, grazie alla coesione degli stessi sia stata possibile una vera e propria integrazione dei convertiti all’interno del sistema. Ancora, vedremo quali siano state le strategie di conversione e di proselitismo effettuate dalla Sōka Gakkai, metodi che spesso sono stati posti sotto la lente d’ingrandimento della critica e che in Giappone vengono associati al termine shakubuku.
Infine si tenterà di porre in evidenza le relazioni che l’organizzazione ha intrattenuto sin dalla metà del secolo scorso all’interno della scena politica, dando di fatto vita ad un partito politico, il Kōmeitō, in grado di divenire uno dei maggiori partiti nella scena politica a distanza di pochi anni dalla propria nascita.

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